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domenica 15 marzo 2009

Desertificazione commerciale

Un articolo su La Provincia di oggi lancia l'allarme sul forte calo degli esercizi commerciali in Oltrepò. In tanti stanno chiudendo, schiacciati dai centri commerciali della zona e dal calo demografico. Il giornalista cita molti esempi, dimenticando tuttavia di citare il nostro comune: forse perchè da noi c'è poco da calare, tanto pochi sono i negozi rimasti. Godiasco e Salice Terme ormai offrono poche presenze dei cosiddetti "negozi di vicinato", quelli sottocasa, comodi, dove è possibile approvvigionarsi per una spesa quotidiana e che sono la sola soluzione per coloro che hanno una mobilità ridotta e/o sono privi di auto. Nell'articolo si accenna anche al notevole calo di importanza dei mercati settimanali e di questo nel nostro comune siamo ben consci. Il mercato settimanale di Godiasco era affollatissimo fino a poche anni or sono: oggi è una tristezza. Non da meno quello di Salice, su cui facemmo a suo tempo una proposta rimasta inascoltata dall'amministrazione. Noi crediamo che questa debba essere la via maestra da percorrere: una incentivazione per non far chiudere i negozi di vicinato ed una forte azione propositiva per rivitalizzare e riqualificare i nostri mercati settimanali. Un'azione che veda una forte offerta di produzioni locali, agricole e gastronomiche in genere: qualità e buon prezzo assieme. Stanno sorgendo un po' dappertutto mercatini dove agricoltori locali vendono, con gran successo, i loro prodotti garantendo qualità e prezzo conveniente. Qualcosa del genere esiste da qualche mese a Voghera: altre città già da tempo propongono situazioni del genere, come l'esperienza del "Mercatale" vedi ==> http://www.ilmercatale.it/pagebase.asp?s=2.

A nostro avviso è questo che distingue una amministrazione attenta ai bisogni dei cittadini, la capacità di portare soluzioni trovate guardandosi attorno ed interpretandole, con umiltà e fantasia, per le esigenze locali. Per fare questo necessita tuttavia disponibilità di tempo: se lo si spende tutto a ragionare di equilibri di partito, a soppesare con il bilancino i rapporti di potere si rischia di continuare la discesa su questa china. E sarà sempre più difficile uscirne. Necessita al paese una amministrazione che abbia come unico faro le necessità concrete delle persone, che si rivolga solo alle persone e che mandi a quel paese i vari potentati ormai lontani dalla realtà, dediti solo alla loro conservazione.
Questo l'articolo
DOMENICA, 15 MARZO 2009 Pagina 24 - cronaca
Via Emilia, l’epidemia delle serrande abbassate
Tanti piccoli negozi chiudono per sempre, la Confesercenti lancia l’allarme

FABRIZIO GUERRINI
VOGHERA. Serrande chiuse in Oltrepo: 360 in Oltrepo nel 2008. Solo 307 sono state rialzate. Il saldo negativo è di altri 53 piccoli negozi che spariscono forse definitivamente. La Confesercenti, con questi dati alla mano, riunirà domani sera alle 20,30 nella sala Adolescere di Voghera i politici e gli amministratori comunali per lanciare l’allarme «desertificazione»: se spariscono i negozi di vicinato, le comunità locali rischiano di entrare in una fase di recessione sociale. Niente più micca fresca di forno o l’etto di prosciutto crudo presi sotto casa, senza doversi per forza incolonnare alle casse dopo aver riempito il carrello di mille altre cose. Secondo Confesercenti la via Emilia da Stradella a Voghera è giunta a un bivio: o diventa il più grande parco commerciale di Lombardia o si arrenderà all’idea di mostrare ai lati della strada lunghe teorie di saracinesche abbassate ogni tre o quattro grossi centri commerciali.
Sui 79 paesi dell’Oltrepo ben 20 hanno perso negozi nel 2009. Al di là di Voghera (a quota meno 8) sorprendono le nove chiusure definitive di Rivanazzano, il Comune che vuole affermarsi come la capitale del termalismo pavese al punto di voler cambiare il nome in Rivanazzano Terme. Quindi località apertamente turistica. Qualcosa nelle dinamiche commerciali non funziona. Ma sono i paesi a pagare lo scotto. Posti in cui due chiusure possono rappresentare il collasso del terziario. E’ il caso di Casei Gerola e di Lungavilla con due negozi in meno forse segnale della contrazione produttiva (vedi la crisi dell’ex zuccherificio) o, per andare in collina, di Canneto e Rovescala. Entrambi i paesi con due negozi in meno, proprio dove un tempo l’economia del vino permetteva l’esistenza di tante piccole realtà produtive in formato famiglia.
Emblematico, invece, per tornare lungo la via Emila il caso di Montebello che ha perso altri 4 negozi, chiaro segnale dell’influenza anti-serranda del vicino e famoso centro commerciale. Resistono le città della via Emilia. Sia Stradella che Broni hanno chiuso il 2008 con un, sia pur striminzito, saldo attivo sul fronte dei piccoli negozi. Tutto nero? Non proprio. Tra i pochi saldi attivi del dossier figurano quelli di Varzi (più sei negozi), di Pinarolo, di Redavalle e di Casatisma con tre negozi in più rispettivamente. Merito dei nuovi insediamenti residenziali, della relativa lontananza dai più vicini grossi centri commerciali o di politiche amministrative adeguate a favorire il piccolo esercente? Domande che torneranno domani sera. Con altre annotazioni. Graziano Tagliavini, responsabile vogherese di Confesercenti e ambulante di professione fa notare come si stia di nuovo diffondendo l’esigenza dei paesi di avere in loco più forti mercati settimanali. Chiuso il negozio, torna di moda il banco. Dettagli tra economia e sociologia. Di certo Romeo Iurilli, presidente provinciale di Confesercenti, chiederà domani a sindaci e politici di dare segnali concreti. «Crisi? Non basta piangersi addosso - chiosa Tagliavini - qui tutti devono fare qualcosa. Chi governa ad ogni livello prima di tutti gli altri».

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