Informarsi è partecipare - Gruppo consiliare "Uniti per Godiasco" - Godiasco Salice Terme (PV)


Visualizzazione post con etichetta caccia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta caccia. Mostra tutti i post

venerdì 10 febbraio 2012

Referendum anticaccia in Piemonte

Riporto dalla newsletter della Lega Anti Caccia LAC:



10 febbraio 2012
PIEMONTE - CONFERMATO REFERENDUM ANTICACCIA
Con ricorso notificato il 16 settembre 2011 i signori Eupremio Malorzo, Piero Belletti e Giorgio Aimassi, promotori e primi firmatari del referendum per l’abrogazione parziale della legge Regione Piemonte n. 60/79 e successive modificazioni con oggetto “Norme per la tutela della fauna e la disciplina della caccia”, agivano dinanzi al TAR del Piemonte per l’esecuzione del giudicato
derivante dalla sentenza n. 1896/2010 con la quale la Corte d’Appello di Torino, il 29 dicembre 2010, respingendo l’impugnazione proposta dalla Regione Piemonte, aveva confermato la sentenza n. 6156/08 del Tribunale di Torino che aveva dichiarato “la sussistenza e l’attualità del diritto soggettivo pubblico alla prosecuzione del processo referendario promosso con la richiesta di referendum abrogativo depositata il 13 aprile 1987”.
Con sentenza n. 200 del 25 gennaio 2012, depositata in segreteria il 9 febbraio, il TAR del Piemonte, sezione seconda, ha accolto il ricorso, e quindi ha ordinato alla Regione Piemonte di dare esecuzione alla sentenza Corte d’Appello di Torino n. 1896/2010 con l’adozione da parte del Presidente della Giunta Regionale del decreto di fissazione della data di svolgimento del referendum; ha nominato, per il caso di ulteriore inottemperanza, Commissario ad acta il Prefetto di Torino che, ad istanza dei ricorrenti, provvederà nei sensi e nei termini di cui in motivazione; ha condannato la Regione Piemonte al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio, liquidate nella somma complessiva di euro 1.500,00, oltre accessori di legge.
LAC - Lega Abolizione Caccia, Via Andrea Solari 40, 20144 Milano
Tel 02/47711806 - e-mail:info@abolizionecaccia.it - Sito Web: http://www.abolizionecaccia.it
CC Bancario: Banca Intesa 18051/121 - CC Postale 14803209 - CF 80177010156 (anche per 5xMille) - CP 10489 Milano Isola

L'uccellino dell'illustrazione è una pispola

mercoledì 19 ottobre 2011

Ancora sulla caccia al cinghiale


Questo blog si è già occupato dell'argomento "caccia al cinghiale".
Lo riprendo perchè mi è capitato di leggere sul sito della LAC di un interessante studio condotto in Francia, i cui risultati sono assai sorprendenti:

RICERCA SCIENTIFICA - LA CACCIA CAUSA L'AUMENTO NUMERICO DEI CINGHIALI

Uno studio scientifico di ricercatori francesi ha seguito per un periodo di 22 anni la moltiplicazione dei cinghiali in un territorio del dipartimento Haute Marne, in cui sono sottoposti ad una caccia molto intensa, confrontandola con quella di un territorio con caccia poco intensa nei Pirenei.
E' risultato che la fertilità dei cinghiali è notevolmente più alta quando la caccia è intensa.
Inoltre quando la caccia è intensa la maturità sessuale viene raggiunta più presto, prima della fine del primo anno di vita. Così i cinghiali raggiungono la maturità sessuale con un peso medio inferiore quando la caccia è intensa.
Invece, nei territori in cui sono presenti pochi cacciatori la moltiplicazione dei cinghiali è minore, e la maturità sessuale viene raggiunta più tardi, con un peso medio più elevato (S.Servanty et al., Journal of Animal Ecology, 2009).
Anche il Prof. Josef H. Reichholf, che dirige la Sezione dei Vertebrati del Museo Statale Zoologico di Monaco di Baviera, ritiene che la caccia causi una più intensa moltiplicazione degli animali selvatici rispetto alle condizioni naturali.
Infatti, poichè la caccia ha luogo soprattutto in autunno ed in inverno, se in un territorio vengono uccisi molti animali, i sopravvissuti avranno una maggiore disponibilità di cibo. Gli animali meglio nutriti si riproducono più presto in primavera e danno una discendenza più numerosa (Suddeutsche Zeitung, 28 gennaio 2009).
I cinghiali hanno una struttura sociale molto sensibile. Una cinghialessa dominante, che va in estro una volta all'anno, guida il gruppo. Il cosiddetto sincronismo di estro fa sì che le altre femmine del gruppo siano feconde contemporaneamente.
Inoltre essa trattiene i giovani ed impedisce in tal modo maggiori danni alle coltivazioni.
Se la femmina dominante viene uccisa, il gruppo si disperde, gli animali senza guida irrompono nei campi, tutte le femmine diventano feconde più volte nell'anno e si riproducono in modo incontrollato.
Norbert Happ, il più noto conoscitore tedesco dei cinghiali, cacciatore egli stesso, avverte: "L'aumentata riproduzione è causata dall'uomo".
Della motiplicazione esplosiva dei cinghiali sarebbero responsabili gli stessi cacciatori: "Relazioni sociali disordinate con estri non coordinati e moltiplicazione incontrollata sono da imputare esclusivamente all'esercizio della caccia", scrive Happ nella rivista venatoria "Wild und Hund" (23/2002).
Ciò significa che la caccia non risolve alcun problema ecologico, anzi ne crea!
Naturalmente la moltiplicazione degli animali selvatici dipende anche dalla disponibilità di cibo. Ma quanto a lungo i cinghiali hanno a disposizione campi di mais? Sicuramente non più di un mese all'anno.
Invece i cacciatori mediante foraggiamento legale o illegale forniscono un cibo innaturale e contribuiscono così alla loro moltiplicazione. Solo nel Baden-Wurttemberg vengono sparsi ogni anno 4.000 tonnellate di mais, che corrispondono circa a 100 chili per cinghiale abbattuto.
La conclusione è sempre la stessa: Gli animali selvatici hanno meccanismi di autoregolazione, almeno in condizioni naturali; gli interventi umani, come quelli legati alla caccia, sono causa di squilibri (http://www.abschaffung-der-jagd.de).

domenica 19 giugno 2011

Ancora sui cinghiali




Mi viene da pensare che sul tema dei cinghiali girino interessi molto forti e poco chiari.
Nell'intervento della LAC si parlava della soppressione "selettiva" di alcuni capi per diminuire il numero degli animali e da quello scaturivano degli interrogativi su quanti e dove venivano uccisi.
Ora mi è stata data una petizione firmata da oltre 240 cacciatori della nostra zona: in essa si evince che ci sarebbero due categorie di cacciatori, quelli di serie A e quelli di serie B. I primi possono cacciare i cinghiali organizzandosi in squadre, i secondi no. Il tutto a fronte delle stesse spese e licenze venatorie. Chi mi ha dato la petizione, consegnata e protocollata in Provincia il 24.3.2011, mi dice che una squadra può arrivare ad abbattere in una stagione anche oltre 200 capi e che ognuno di essi vale anche 500 euro. Da questi "dettagli" si può intendere che la posta, in questo argomento, è importante: non solo passione venatoria, ma anche denaro che ruoterebbe fra chi alleva, chi immette (magari anche fraudolentemente), chi caccia, chi vorrebbe cacciare e non può.
Sarebbe bello che gli organi di stampa della nostra zona si interessassero un poco di questo argomento e cercassero di dare un contributo di luce su un mondo che alla maggior parte delle persone è assolutamente sconosciuto ed estraneo, ma forse è più semplice dare le notizie di macchine che travolgono il cinghiale messosi improvvisamente in mezzo alla strada.

Questa a seguire la lettera-petizione presentata in Provincia (cliccare sopra 2 volte per ingrandire)



Al momento questa petizione non ha avuto risposta.

sabato 18 giugno 2011

I cinghiali in Oltrepò


Pochi giorni or sono il giornale La Provincia dava notizia dell'ennesimo incidente che ha avuto come protagonisti un cighiale ed un'auto. Troppi cinghiali nella nostra zona ? Costituiscono una minaccia per la circolazione e per l'agricoltura ? Eccesso di velocità dell'auto che ha impedito un pieno controllo del mezzo nella situazione improvvisa ? Cosa possono fare le amministrazioni comunali e provinciali ?
Il problema è complesso, molto.
Questo il parere della LAC, la Lega Anti Caccia:


Cinghiali e uomini. Una convivenza possibile.

Sulle pagine dei quotidiani locali sono sempre più diffuse le notizie di incidenti stradali che vedono coinvolti fauna selvatica, in particolare cinghiali, e automobilisti.
Peccato che tali cronache si limitino a registrare l’evento, senza nessuna analisi né approfondimento del problema.
Innanzitutto, è lecito chiedersi da dove vengano questi cinghiali e perché siano ‘ritornati’ sul territorio oltrepadano, dopo anni di estinzione.
Se è vero che agli inizi del ‘900 alcuni soggetti ricomparvero nell’Italia del Nord-Ovest, provenienti dalla Francia, a partire dagli anni ’60 e sino ad oggi si è verificata una vera ‘esplosione’ dei capi presenti su tutto il territorio nazionale, a causa, soprattutto, di sconsiderate e abusive immissioni clandestine, per alimentare la pratica venatoria.
La caccia al cinghiale, dunque, oggi presentata come una delle misure più efficaci per contrastare la presenza massiccia di questa specie selvatica, è, in realtà, la causa principale della situazione, resa critica dalle continue e mai interrotte immissioni di nuovi esemplari.
Solo in questo modo, infatti, i cinghiali mantengono quella consistenza numerica che autorizza, appunto, la caccia quale forma di contenimento.
Un paradosso, certo, ma che aiuta a comprendere anche la presenza sul territorio italiano di numerosi allevamenti di cinghiali. A che cosa servono? A fornire carne destinati al consumo alimentare? In parte, in realtà gli esemplari allevati sono destinati al ‘ripopolamento’ di una specie il cui soprannumero è da tutti invocato come minaccia alle colture, alla sicurezza stradale etc. Senza tralasciare, ovviamente, le conseguenze di una tale pratica in termini di biodiversità: un’immissione esterna di esemplari, infatti, ha comportato l’estinzione della specie peninsulare autoctona, soppiantata da capi ibridati con suini domestici o provenienti dal centro Europa, che hanno generato dei ‘mostri’ genetici.
Si aggiunga, inoltre, che per non ‘perdere’ nessun esemplare cacciabile, durante i lunghi inverni nevosi, i soli in grado di provvedere a una ‘selezione’ naturale dei capi, alcuni cacciatori riforniscono di foraggio gli esemplari denutriti, dimostrando, in tal modo, un indubitale interesse a far sì che la situazione rimanga immutata.
Il quadro è reso problematico, poi, dal fatto che in Italia è pressoché impossibile conoscere l’effettiva consistenza numerica dei cinghiali presenti, a causa di stime locali approssimative e dalla mancanza di una programmazione efficiente ed efficace che coinvolga ampi territori, dal momento che il cinghiale non è stanziale, ma si caratterizza come specie ‘nomade’, capace di spostarsi per lunghi tratti, sconfinando da una provincia all’altra, da una regione all’altra e così via.
Anche i dati recepiti dall’abbattimento dei capi sono ritenuti “incompleti e sottostimati” come si può leggere nel corposo studio (“Banca Dati Ungulati”), pubblicato nel 2009 dall’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e che dovrebbero essere letto con più attenzione da tutti i soggetti coinvolti, cacciatori, enti locali, associazioni agricole etc.
Nella stessa pubblicazione, reperibile sul sito ufficiale dell’Istituto, si ribadisce il ruolo fondamentale dell’immissione di capi a scopo venatorio nell’incremento della presenza massiccia e critica dei cinghiali su tutto il territorio. Un’immissione realizzata senza considerare l’impatto significativo su un territorio antropizzato come quello italiano (e il nostro) e senza alcuna precauzione in termini di profilassi sanitaria, con il rischio di diffondere alle specie domestiche malattie quali la tubercolosi e la peste suina.
Per non parlare degli squilibri creati all’ecosistema silvestre dalla caccia al cinghiale con i cani, la più diffusa in Oltrepò e praticata nei mesi invernali, quando l’intero habitat faunistico necessita di riposo.
Dunque, per alimentare una pratica venatoria per pochi si rischiano e si provocano danni a molti: basti pensare che l’80% dei fondi a disposizione delle province per danni recati dalla fauna selvatica sono destinati a risarcire quelli causati dai cinghiali. Nel triennio 2006-2008 la Provincia di Pavia ha speso 80.000 euro in risarcimenti, soldi che avrebbero potuto essere investiti per attuare politiche di gestione e controllo davvero efficaci. Capaci di trasformare il patrimonio faunistico da un’imminente minaccia a un’autentica risorsa per il turismo naturalistico.
Che cosa si fa, invece? Negli stessi articoli che recensiscono gli incidenti provocati da ungulati, si ribadisce, in modo del tutto strumentale, la necessità di ampliare, intensificare, prolungare la caccia al cinghiale per contrastarne l’avanzata. Necessità che da alcuni anni si concretizza sempre più. Ma con pochi risultati, come possono constatare tutti. Quindi, se a medio e lungo termine una strategia non funziona, la si dovrebbe cambiare. Come?
Personalmente, preferirei vedere applicate le seguenti soluzioni:

1) Disincentivare la proliferazione degli allevamenti ed effettuare un controllo efficace e capillare sugli allevamenti autorizzati.

2) Individuare, a livello nazionale, una strategia di gestione corretta che consenta l’utilizzo delle popolazioni di cinghiale e di altri ungulati, intese come una risorsa naturale rinnovabile (riorganizzazione e controllo adeguato dell’attività venatoria); basandosi su procedure condivise, scientifiche ed efficaci, sviluppate da esperti e fondate su principi oggettivi super partes. La pensa così anche l’INFS, l’Istituto nazionale per la fauna selvatica che, nel 2003, ha fornito una serie di linee guida finalizzate al problema di gestione e conservazione del cinghiale a livello nazionale. Linee guida, purtroppo, disattese e inascoltate. Forse perché, in realtà, che vi siano cinghiali in numero sempre più consistente e sempre più dannosi garantisce il diritto alla caccia per molti. Una caccia che quest’anno è stata estesa anche a daini e caprioli. Sebbene l’abbiano chiamata “piano di contenimento”…

Roberta Casarini
Delegata provinciale LAC (Lega per l’abolizione della Caccia)
lacpv@abolizionecaccia.it

martedì 23 novembre 2010

Incredibile ma vero


LAZIO - ASSESSORE BRACCONIERE ?

Fermato dalla Forestale al Circeo
22/11/2010, di Redazione

La Forestale ha denunciato l’assessore alla Caccia del Comune di Terracina, Gianni D’Amico, fermato nei pressi della foresta del Parco del Circeo con un fucile a pallettoni in auto. In zona erano in corso dei controlli dopo la segnalazione di un’auto sospetta nei pressi della foresta. La Fiat Panda è stata fermata dagli agenti: dentro c’era l’assessore con un suo amico, un fucile a pallettoni e una torcia. L’assessore replica infuriato alle accuse: «Ma quale bracconaggio! Stavo andando a caccia a Terracina insieme a un mio amico, sono stato fermato e trattato come un delinquente».

lunedì 27 settembre 2010

Sulla caccia


Forse è il momento di iniziare a fare qualche riflessione sul tema della caccia.
Almeno su quella praticata dal singolo verso lepri, fagiani ecc, mentre è un aspetto diverso quello che si occupa dello sfoltimento di specie propagatesi a dismisura come i cinghiali.
Il problema diventa importante dopo gli ultimi dati diffusi dalla LAC, la Lega Anti Caccia: nella passata stagione venatoria italiana, 2008 - 2009, si sono verificati 116 incidenti con 77 feriti e 39 morti di cui uno era un cercatore di funghi e uno un veterinario.
Ieri due morti ed un ferito grave.
Un bilancio troppo grave per essere trascurato.
In questi giorni non è raro sentire spari che paiono molto, troppo vicini.
Occorrerebbe un maggior controllo per assicurare il pieno rispetto della legge, ma le guardie venatorie sono troppo poche e non possono essere ovunque.
Potrebbe supplire qualche volontario ? magari qualcuno che si occupa già della Protezione Civile ?
Credo che sia importante capire meglio la situazione.